Chi siamo

Una meraviglia.

Così appare il Montefeltro al visitatore che, ad esempio, da Sant’Agata scende e risale verso Pennabilli. Sullo sfondo di un cielo spesso blu, ti vengono incontro volumi di verde, qua e là trapuntati di pievi solitarie, di chiese strette da minuscoli borghi e chiostri deliziosi: tutto rigorosamente in pietra.

Qui la fede cristiana ha lasciato con prodigalità testimonianze tangibili. Anche chi è d’altra cultura e d’altre convinzioni, percepisce che l’avvenimento cristiano ha avuto l’irradiazione di un bagliore entrato nella storia.

La novità del Cristo morto e risorto ha modificato persone, istituzioni, opere e pensieri; ha plasmato una nuova cultura creando figure, musiche, parole e stili originali.

Grazie a chi ha raccolto queste testimonianze e segni, perché non giacessero nell’oblio a causa di sbadati custodi o, peggio, preda di mercanti senza scrupoli, si trattasse di Arte con la maiuscola o di un semplice manufatto naïf.

Questo il miracolo: la vicenda di Gesù ha interpretato vita, sofferenze, desideri, amori della gente che ha imparato ad abbracciare, con uno sguardo semplice, l’intero mistero cristiano fino a riesprimerlo.

Nulla deve andare perduto: ecco qui raccolte «le dodici ceste di pezzi avanzati» (cfr. Mc 6,43). Il tutto – un migliaio di pezzi – raccolto in venti sale, da gustare attraverso un percorso assolutamente originale e coinvolgente. Ne esci diverso, perché suscita emozioni e induce a pensare. Nessun museo, di per sé, è una raccolta di cose morte, ma questo ti colloca, dopo qualche passo, dentro al cammino di un popolo che ancora avanza e cerca vie nuove, che crede e credendo spera e sperando ama.

C’è il visitatore che arriva quassù spinto dalla curiosità e, presto appagato, ripone tutto nella sua collezione di ricordi. C’è poi il visitatore che vuol capire e darsi ragione di tradizioni, usi e costumi d’altri tempi; gli piace la nostalgia di atmosfere passate. C’è infine il visitatore disposto ad imparare la lezione di una fede che si fa vita e, perché vita, cultura. Agli uni e agli altri un caloroso “benvenuto”!

+ Andrea Turazzi

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